Una cara persona porta la tematica della scelta (nel caso specifico convivenza o no).
Tutti abbiamo delle domande, scelte che ci tormentano e vorremmo avere una risposta soddisfacente. O forse tutti cerchiamo un riparo definitivo nel nostro cuore dalla paura, dal dolore, dai cambiamenti. Facciamo tante assicurazioni, esami, usiamo parole come per sempre o mai nei nostri personali riti scaramantici e sciamanici per allontanare lo spettro del mutamento perdendoci di fatto il Presente.
Credo che questo in parte sia legato al fatto che non siamo stati educati alla morte come la naturale sorella della vita, veniamo educati ad averne paura e a rifuggirla aggrappandoci a una miriade di false sicurezze che ci allontanano da essa e dal suo pensiero. Così spesso non viviamo una vita serena e non abbiamo una morte serena. Così spesso abbiamo delle lacerazioni interiori nel prendere decisioni.
Non siamo affidati alla Vita, tentiamo di controllarla aggrappandoci e abbiamo difficoltà a lasciare andare, lasciare essere le cose, permettergli di manifestarsi.
Tutti abbiamo le stesse menate e questo dovrebbe farci sorridere e alleggerirci perché ci aiuta a osservare che non esiste una sofferenza “personale” e che non siamo più o meno scemi o intelligenti di nessuno.
Sono convinta che qualsiasi scelta contenga una fondamentale menzogna, la quale è ancora una volta il modo perfetto ma solito attraverso cui l’ego ci assicura l’appuntamento con la sofferenza.
Mi spiego: scegliere significa spostarsi dal presente immaginando un futuro e degli scenari e delle conseguenze alla scelta A, B o C. alcuni saranno straordinari altri catastrofici.
Ci mettiamo così in quello spazio assolutamente sbalzato fuori dal presente in cui creiamo un aspettativa piuttosto che un altra e creiamo l’ idea di dover imbroccare la cosa giusta che ci assicurerà la felicità, la sicurezza, la soddisfazione etc. (come se poi qualcuna di queste condizioni, ancorchè raggiunte, siano immutabili!)
Ma se noi spostiamo nel presente la nostra attenzione, con facilità possiamo sentire sciogliersi tutti i tormenti legati alla scelta.
E paradossalmente le scelte non vengono fatte, ma accadono.
Se osserviamo la scelta è un modo ancora una volta con cui ci giudichiamo e ci assicuriamo la tortura della mente, la paura (perché non ci fidiamo ma vogliamo controllare) l’aspettativa di ottenere un risultato: tutti modi per spostare l’attenzione dall’adesso, l’adesso è uno spazio dove sempre risiede sempre quiete, vuoto, non bisogno di scegliere proprio nulla, ma dove incontriamo solo la vita con quello che c’è.
La scelta è un prodotto della mente e come tale alimenta uno spostamento nel tempo, l’aspettativa di un risultato, voler ottenere qualcosa che ora non ho (per es. sarò più felice se, non soffrirò più se blablabla).
Restare nel presente sperimentando le cose della vita (es. una convivenza) credo sia meglio, alleggerisce il carico di tutti i drammi che provengono dal senso di separazione continuo a cui facciamo riferimento e che ancora mettiamo dentro la tragedia personale (o commedia?) che alimenta il nostro tormento. E’ proprio un circolo vizioso.
È di certo utile sentire nel nostro luogo interiore di saggezza cosa ci viene indicato, quale il suggerimento dell’anima ma attenzione a non confondere il sentire, una saggezza che il corpo possiede eccome, con le emozioni ricorrenti, quelle in cui ci siamo identificati e che lasciamo dominarci e dominare il nostro personaggio, i dolori ricorrenti, ancora una volta spesso derivanti dal nostro ego che ci conferma tramite il corpo di dolore tutte le idee che abbiamo su una cosa, alimentando come benzina sul fuoco il nostro solito drammino interiore…il personaggio… l’idea che se avremo o non avremo quella cosa staremo finalmente meglio. Sono cose ben diverse.
E credo davvero che solo stando nel presente riusciamo a imparare a distinguerle e fidarci del vero sentire.
Siamo disposti a non controllare il nostro futuro? A lasciare che la vita si compia e si svolga nel modo più semplice che essa conosce e dove è davvero racchiuso il nostro massimo bene?
È più semplice sperimentarlo che stare qua a parlarne.
[Immagine di Alessandra Fusi]